Music & Visions
selezione musicale e visuale a cura di Anna Lisa Di Mezza
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Radiohead, True Love Waits.
Questo gioiello dei Radiohead, questa piccola perla che racconta quel che sente il cuore in maniera dolce e disperata, questa semplice canzone che in sé racchiude tutta la complessità di un sentimento, questa struggente malinconia creata da Thom Yorke più di vent’anni fa per l’adorata compagna Rachel, scomparsa prematuramente poco più di un anno fa, è da tanti considerata una delle più belle canzoni d’amore mai scritte, ed io sono d’accordo. Ha avuto una storia tormentata True Love Waits, degna delle sua bellezza. Eseguita più e più volte nei live della band inglese ma collocata in un disco soltanto anni e anni dopo la sua creazione e le sue esecuzioni. Arrangiata e ri-arrangiata più volte, a dividere (ingiustamente) i fans, quasi a volerne esorcizzare il significato più profondo. Quella che vi propongo è la versione del lontano 1995 eseguita al Luna Theatre, in Belgio. I Radiohead sono legatissimi a True Love Waits. Lo sono anche io. Spero lo siate anche voi.
Hannah Cooper McCauley, Seven Days.
Hannah Cooper McCauley è nata nel 1989 a Tupelo, nel Mississippi, ma vive e lavora a Ruston, in Louisiana, con il marito Zachary e il cane Albert (suo assistente fotografico!). Di Hannah ci siamo già occupati tempo fa, quando abbiamo proposto ai lettori di The Passenger Times il suo splendido progetto “A Singular Sense of Urgency” (lo trovate qui). Oggi ho scelto di far scorrere nella mia slide le immagini di “Seven Days”, altra straordinaria serie fotografica di questa giovanissima artista. Hannah Cooper McCauley ci spiega e racconta questi 7 giorni andando indietro nel tempo, al periodo della sua infanzia. A causa del lavoro del padre, Hannah da piccola si è spostata spesso, cambiando casa continuamente. Questo le ha permesso non soltanto di entrare in contatto con persone e luoghi diversi e di crescere in una continua condizione di trasformazione e d’ispirazione, ma anche di conoscere il concetto di solitudine. La serie “Seven Days” incarna perfettamente la fotografia narrativa, e Hannah si rivela a noi senza mai rivelarsi direttamente. La sua presenza in questi autoritratti dal sapore intimo ci lasciano spazio sufficiente per entrare negli scatti accanto a lei, far parte del racconto, districarci nelle metafore delle condizioni umane racchiuse nei piccoli oggetti, e cogliere quel senso di magia che impercettibilmente attraversa i suoi lavori.
(Anna Lisa Di Mezza)
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